*** Ohr Story #13 *** 

Trip #13: DIE ANDERE MUSIK ZWISCHEN PROTEST UND MARKT

Sebbene Rolf-Ulrich Kaiser fosse palesemente d’estrema sinistra, non nascose mai durante la sua avventura di discografico la volontà di fare soldi con la musica: per poter finanziare sempre nuovi e ambiziosi progetti, ma anche per potersi permettere una grossa automobile Volvo. Per certi versi potremmo dire che egli fu convertito al business proprio da Peter Meisel, tanto che arrivò a vantarsi pubblicamente di guadagnare 7000 Marchi al mese. Vi è da riferire tuttavia che nella sua quotidianità Kaiser era molto lontano da una vera e propria esistenza da ricco manager discografico. Le sue motivazioni intellettuali rimanevano sempre, costantemente ed entusiasticamente legate soprattutto alla musica rock d’avanguardia e alla sperimentazione, nondimeno mantenendo una propria visione su ciò che si doveva pubblicare, rifiutando raramente anche le proposte più astruse in termini sonori.
Un piccolo gruppo di musicisti tedeschi cominciò tuttavia a disapprovare il suo operato, come se far quadrare i conti per una società discografica non fosse ugualmente importante quanto creare buona musica. La questione era già stata affrontata nel settembre del 1971 quando la rete televisiva »WDR« aveva ripreso e mandato in onda una tavola rotonda dal titolo »Pop & Company, l’altra musica tra protesta e mercato«.
In quell’occasione Nikel Pallat, manager del gruppo Ton Steine Scherben, diede pubblicamente a Kaiser del sottomesso all’alta finanza. Dalla sua Kaiser dichiarò che l’etichetta discografica che dirigeva non avrebbe mai avuto nulla da consigliare a nessun artista su cosa fare o cosa non fare (ovviamente una velata bugia) e che comunque la Ohr non la si poteva considerare un istituto di beneficenza. Pallat mise fine alla discussione estraendo un’ascia che teneva sotto alla giacca e cercando di sfasciare il tavolo dello studio televisivo. Il grottesco blitz di protesta fallì miseramente a causa della solidità del bancone e così il teppista Pallat finì per rubare dei microfoni dallo studio affermando fossero per i prigionieri politici minorenni.
Era chiaro che Nikel Pallat avesse pianificato la cosa solo per attirare l’attenzione dei media verso la propria band, piano che gli riuscì perfettamente. Ad ogni modo, il momento storico e non da ultimo il luogo, Berlino Ovest, avrebbero consigliato maggior prudenza con i messaggi relativi al presunto e mai realmente provato successo commerciale dell’avventura Ohr.
Vi era poi un’altra questione disprezzata da parecchie band. Una metodica utilizzata da Kaiser, per legare i vari musicisti all’etichetta, non consisteva in veri e propri contratti discografici come quelli che le grosse case di produzione fonografica potevano facilmente elargire. Egli utilizzò un espediente che non era una sua idea, ma un sistema collaudato da altre etichette indipendenti di tutto il mondo. Per diversi gruppi della scuderia Ohr questo metodo divenne con il tempo un vero problema.
Per comprendere questa dinamica si dovrà sapere che in quel periodo storico la maggior parte delle band musicali erano costrette a indebitarsi per far fronte alle spese d’acquisto per l’attrezzatura d’amplificazione e di missaggio da utilizzarsi durante i concerti. Non esistevano ancora delle aziende specializzate nel noleggio delle attrezzature e dei tecnici da palco per i concerti. Kaiser offriva a tutti i musicisti da lui scritturati l’utilizzo di un sistema audio d’amplificazione eccezionale per l’epoca, più un anticipo di 1000 Marchi per ognuno che avesse accettato di firmare un contratto discografico con lui.
Per il servizio offerto Kaiser richiedeva il 25% dei guadagni che la band o il singolo musicista avrebbe incassato durante i concerti e i tour promozionali degli album. Non fu certo Kaiser ad inventare questa tipologia di contratto, in un certo qual modo si può dire che al tempo funzionava così. A quell’epoca non era per nulla semplice ottenere dal vivo un sold out e pertanto, quelle formazioni che avevano siglato un contratto con la Ohr si ritrovarono improvvisamente e profondamente indebitate con l’etichetta. Ciò significava che difficilmente sarebbero riuscite ad abbandonare la scuderia di Kaiser, questo perché si sarebbero trovate nella condizione di restituire del denaro che non possedevano.
La maggior parte delle formazioni non poteva permettersi di andarsene, nemmeno i Tangerine Dream all’apice della loro fama, quando nel 1973 cominciarono ad essere corteggiati dalla neonata »Virgin Records« di Richard Branson. Quando accadde questo, Edgar Froese avrebbe voluto lasciare la Germania discografica, stracciare ogni accordo con la Ohr e firmare un succulento contratto in Inghilterra. Fu così che Froese, durante alcune interviste, esternò tutta la sua frustrazione e l’odio personale che nutriva nei confronti di Rolf-Ulrich Kaiser.
Anche Klaus Schulze ad un certo punto sarebbe divenuto sempre più motivato a cancellare ogni debito contratto con quella che era stata la coraggiosa Ohr. Kaiser dalla sua era ben cosciente di perdere due dei nomi più importanti e prima che altri artisti seguissero quell’esempio insistette con Froese e Schulze per il rispetto dei patti a suo tempo intercorsi. Nell’autunno del 1973 i due musicisti si sarebbero coalizzati per portare in tribunale la Ohr. Nel maggio dell’anno successivo il solo Edgar Froese chiamò in tribunale direttamente Kaiser accusandolo di non aver versato in maniera corretta le royalty al suo gruppo.
La causa si trascinò per tutti e tre i gradi di giudizio sino al 1978 quando la Corte Federale di Giustizia diede ragione a Froese che da quel momento rientrò in possesso di tutti i diritti dei Tangerine Dream relativi ai primi quattro album della band. Tuttavia, quando le vicende giudiziarie terminarono, il front leader della band non venne rimborsato nemmeno d’un pfennig: nel 1978 Rolf- Ulrich Kaiser era sparito come un fantasma, letteralmente nel nulla.





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